Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Elisa Bondavalli’

A short film (2018) by Ado Hasanović.

Story and screenplay by Elisa Bondavalli

Che cos’è la nomofobia? È la nuova malattia del XXI secolo: NO MObile PHOBIA, ovvero la paura incontrollata di rimanere senza cellulare.

È quello che capita a Jessica, la protagonista di Nomofobia, il mio film, quando all’improvviso si ritrova senza smartphone, senza internet, completamente disconnessa dal mondo rassicurante dei social network. Così, senza i suoi punti di riferimento quotidiani, scomparse le figure autoriali nei loro ruoli tradizionali di genitori e insegnanti, lei perde la testa…

Ispirato a una storia vera, accaduta qualche anno fa in Italia, il cortometraggio, per la sceneggiatura di Elisa Bondavalli, è magistralmente diretto dal giovane regista Ado Hasanović in un lungo e impeccabile pianosequenza.


LA STORIA

Jessica (17) è appena rientrata da scuola. In cucina c’è Maria (44, intenta a scolare la pasta. La donna è visibilmente pensierosa perché in mattinata ha avuto un colloquio con i professori e ha saputo che la figlia rischia la bocciatura. A tavola prova ad affrontare l’argomento, ma si ritrova a parlare da sola: Jessica non alza nemmeno la testa dallo smartphone, impegnata com’è a chattare con l’amica del cuore. Così, esasperata dall’ennesimo tentativo fallimentare di dialogo, la donna glielo strappa di mano e glielo sequestra. La figlia adesso è disperata e tenta in tutti i modi di farsi restituire il telefono con le buone e con le cattive: ora è lei a cercare quel dialogo che prima ricusava con indifferenza. Ma la madre è irremovibile: niente cellulare fino a quando non dimostrerà un maggiore impegno e il suo rendimento scolastico non sarà nettamente migliorato.

Ma stare senza social network è assolutamente inconcepibile per Jessica…

Qui sotto il trailer di Nomofobia (2018)

Awards

– Best Film “Future Generation” Award@ Pordenone International Film Festival 2019 -Pordenone Italy; 

– Golden Apple” Jury Award for Best Narrative Short Film @Bosnian- Herzegovinian Film Fest 2019- New York, USA)

– Premio sociale e menzione per le attrici, Corto Fiction Chianciano Terme. Festival film breve 2019 (Chianciano Terme, Italia).

Selezioni ufficiali:

– Rome Independent Film Festival 2018 (Roma, Italia)

– Passaggi d’Autore: Intrecci mediterranei 2018 (Sant’Antioco, Italia)

– Vesuvius Film Festival 2019 (Caserta, Italia)

– Reggio Calabria Film Fest 2019 (Reggio Calabria, Italia)

– Pordenone International Film Fest 2019 (Pordenone, Italia)

– Bosnian- Herzegovinan Film Fest 2019 (New York, USA)

– Brussels Short Film Festival 2019 (Brussels, ACADEMY AWARD Qualifying Festival)

– RomaTre Film Festival 2019 (Roma Proiezione speciale)

– BUZZ International Film Festival 2019 (Buzau, Romania)

– Corto Fiction Chianciano Terme. Festival film breve 2019 (Chianciano Terme, Italia)

– BBB Short Film Festival 2019 (Atene, Grecia)

– Sarajevo Film Festival 2019 (Sarajevo, Bosnia Erzegovina)

– Jahorina Film festival 2019 (Pale, Bosnia Erzegovina)

– 24fps International Short Film Festival (Texas, USA).

Read Full Post »

Elisa Bondavalli © febbraio 2021

Questa è la storia di Limpo e di come un giorno riuscì ad avere il suo frac; e se il vostro maestro per caso vi dovesse dire che è una storia un po’ strana e che queste cose non capitano mai, ebbene, tanto peggio per lui, mi dispiace. Tutto quel che vi resta da fare, ragazzi, è di cambiare senz’altro maestro. E di dirgli di aprire più gli occhi./ Ma voi intanto aprite bene le orecchie. Ecco qui.

Il pinguino senza frac e tobby in prigione | 962

Con questo disinvolto e accattivante incipit, D’Arzo invita i lettori più giovani a sospendere l’incredulità e ad abbandonarsi senza remore alla sua narrazione. D’altra parte, già il suo editore Vallecchi, con felice intuizione, gli scriveva: “Con la vostra fantasia, che si accende anche nelle occasioni più modeste, mi sembra che potreste riuscire brillantemente anche nel settore della letteratura infantile1.

Sicuramente non si sbagliava, visto che Comparoni (questo il vero nome dello scrittore), ci ha regalato tre proveoriginalissime per intreccio e soluzioni linguistiche. Che poi lui non considerasse la narrativa per l’infanzia un genere minore e non intendesse comporre semplici intrattenimenti per bambini, è cosa nota già a partire dal suo saggio critico Kipling senza trombe 2, dove afferma che scrittori come James Barry e Charles Kingsley, con le loro due favole, hanno raggiunto i loro risultati più alti e duraturi.

E a conferma di ciò, scrive a Vallecchi: “[…] E poi ho scritto un breve libro per ragazzi, che, ti giuro, mi ha divertito e riposato assai: Il pinguino senza frac […] Questa storia, dico, scritta per ragazzi, mi ha servito a chiarire molte cose”3.

Il racconto ha quindi come protagonista il piccolo Limpo, troppo povero per avere come gli altri pinguini un frac (ancora in controluce il motivo autobiografico), per cui viene emarginato e allontanato da scuola. Decide così di abbandonare i genitori e andare in cerca di fortuna lontano da casa. Forestiero ovunque e senza nome, chiamato “Cosa sei”, “Tutto un po’”, Suppergiù” da gabbiani, foche e trichechi, con cui intrattiene varie attività commerciali, a poco a poco comincia a mettere da parte i soldi per comprarsi la tanto sospirata marsina. Ad un certo punto, però, si rende conto che il denaro non basta, gli occorre anche un’istruzione: “Ma che sciocco! Che sciocco – pensò Limpo. Mentre io me ne sto qui a lavorare dalla mattina alla sera, gli altri intanto se ne vanno a scuola ogni giorno, e finisce così che s’imparano un bel mucchio di cose. Così io, quando potrò finalmente tornare e, magari, comprare anche il mio frac, farò ridere tutti lo stesso4.

Cambia pertanto sistema e quando foca, tricheco, renna, pinguino, gabbiano gli vogliono pagare quel che gli devono, lui ne prende la metà e dice. “Tenetevi pure il resto, signori. Sciocchezze… Semmai, quando ne avrete il tempo e la voglia, mi favorirete di dirmi perché…5. Così Limpo inizia il suo percorso verso la conoscenza: passano i mesi, mentre il pinguino apprende sempre di più, fino a quando quasi si sente pronto per tornare a casa. Gli resta, però, da scoprire un’ultima cosa.

Si chiede infatti perché il solo orso, tra tutti gli animali, sia esente dal dolore e dalla paura. Indubbiamente – si dice – perché è un essere forte e invincibile, temuto da tutti. Un giorno, però, lo stesso orso incontra la morte per mano di un animale ancor più terribile, l’uomo, a cui basta alzare le braccia per uccidere: “Il grande Orso spiccò un balzo in avanti e poi cadde sulla campagna di neve: si agitò, si contorse, diede un ultimo urlo tremendo, e poi si distese. Era morto. Attorno al suo corpo la neve cominciò a tingersi tutta di rosso. I quattro orsacchiotti cominciarono a piangere. Lo annusavano, lo leccavano da tutte le parti, gli soffiavano dolcemente sul muso […]. Dal crepaccio del monte uscirono quattro o cinque uomini guidando una slitta e dei cani: si presero i quattro orsacchiotti, legarono per le zampe il grande Orso e se lo trascinarono via6.

Tutti gli altri animali festeggiano la scomparsa del grande nemico: ballano tutta la notte, cantano, urlano e fanno chiasso. Solo Limpo sta in disparte, turbato, e ripete fra sé e sé: “Ma Dio mio… ma Dio Mio. Quei quattro orsacchiotti che voce…”7.

Pensa allora che sia l’uomo il solo essere vivente esente dal dolore, ma un giorno anche lui trova la morte a causa di una forza superiore, in questo caso quella della Natura sotto forma di tempesta. “Sulla riva un gruppo di uomini guardava laggiù, in mezzo al mare. E in mezzo al mare, ma fissando ben bene, Limpo finalmente riuscì a vedere un altr’uomo. Le onde, nere o azzurre o verdastre, lo scagliavano da una parte e dall’altra; due, tre volte, e poi dieci e anche di più, e l’uomo spariva, appariva, spariva; e via ancora così.

Dalla riva gli uomini non distoglievano un momento gli occhi da lui e anche Limpo non faceva che guardare e guardare. 

All’improvviso, due o tre ondate giganti si alzarono e poi si abbatterono subito; e poi niente: e poi ancora niente; e infine anche il mare si venne a poco a poco calmando. E adesso era proprio come ogni giorno. E l’uomo, ecco, era sparito.

– Che cosa curiosa, però. Come l’orso, – disse Limpo. Anche questa non me la sarei mai immaginata mai e mai. Anche “lui” è morto così; come l’orso.

In mezzo al gruppo di uomini due o tre piccoli si misero a piangere.8

Di nuovo gli altri animali fanno festa, perché anche l’ultimo nemico, il più terribile, è stato eliminato. Limpo, invece, entra in una crisi profonda (ma la crisi, come ci ricorda Pasolini, è sempre una forma di salvezza) al punto che rischia di ammalarsi, di diventare pazzo, tanto è traumatico quello che ha visto: “Sì… sì. È proprio così. Quei poveri piccoli d’uomo, però, – pensava Limpo con grande tristezza, – la stessa voce dei piccoli d’orso… E dei piccoli di foca e gabbiano e pinguino e di tutti…9.

Limpo completa così il suo percorso conoscitivo nel momento in cui comprende che la sofferenza è la legge stessa dell’universo e nessun essere vivente ne è immune. La sua formazione, di fatto, si conclude qui, anche se lui ancora non ne è pienamente consapevole. Avvilito e senza nemmeno il frac, decide che è comunque ora di avviarsi verso casa. 

Il pinguino senza frac - un'edizione di lusso

Anche perché non ha più niente da condividere con l’ambiente circostante: le morti a cui ha assistito, anziché rallegrarlo, come succede a tutti gli altri, lo gettano nello sconforto più nero, avendone intuito la valenza universale.Solo lui, il pinguino, per usare le parole dello stesso Leopardi, ha ormai “il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza […] e accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa ma vera”10.

Se gli animali intorno a lui vivono in maniera inconsapevole le dure leggi dell’universo e non arrivano a comprenderne la portata, Limpo, altro straordinario straniero darziano, approda invece a una consapevolezza lucida dei meccanismi di una realtà tragica quanto immodificabile. In questo senso risulta essere il doppio del prete di Casa d’altri (peraltro i due racconti sono coevi), che non solo patisce il dramma della vecchia Zelinda, ma lo universalizza, consapevole che la vita è sempre condizione di precarietà ed estraneità e il mondo è una dimora che non è stata creata per noi, per tornare ancora al Leopardi del Dialogo della Natura. È una casa d’altri, per l’appunto. Il merito di aver capito, l’approdo a quel sentimento virile della vita (di cui D’Arzo parla a proposito di Maupassant) distinguono quindi il pinguino dalla società in cui vive: non per niente, una volta tornato a casa, si accorge di avere indosso l’ambito frac: “il più morbido e bello e distinto e elegante e lucente che fosse mai dato vedere: un frac da domenica; proprio con la catena dell’orologio per giunta”. È la conquista della dignità, di cui il frac è evidente correlativo oggettivo: “e tutti gli altri erano poveri e goffi, e al confronto facevano pena. Non valevano l’ombra di un soldo11.

Torna al Teatro Biondo ''Il pinguino senza frac'': una fiaba moderna per  adulti e bambini | Giornale Cittadino Press

NOTA DELL’AUTRICE: Questo è il testo preparatorio al mio breve intervento per il comune di Montecchio Emilia in occasione dell’anniversario darziano del 6 febbraio 2021. Chi fosse interessato può trovarlo qui sotto.

1Silvio D’Arzo- Enrico Vallecchi, Carteggio 1941-1951. Contributi annoVIII 1984, nn.15-16 Biblioteca A. Panizzi, di Reggio Emilia, Mucchi editore, Modena, 1984, lettera n. 31 di Vallecchi, pag. 72. Ora in Lettere, MUP, Parma, 2004, pag.39.

2Kipling senza trombe, in Contea inglese, a cura di Eraldo Affinati, Sellerio, Palermo, 1987

3Cfr. Carteggio D’Arzo- Vallecchi, lettera n.119; edizione MUP, pag.174

4Silvio D’Arzo, Il pinguino senza frac e Tobby in prigione. Illustrazioni di Alberto Manfredi, Einaudi, 1983; pag.26.

5Ibidem, pag.26.

6Silvio D’Arzo, Il pinguino senza frac e Tobby in prigione. Illustrazioni di Alberto Manfredi, Einaudi, 1983; pag.32

7Ibidem, pag.35.

8Ibidem, pag.39.

9 Ibidem, pag.40

10Giacomo Leopardi, Operette morali, Dialogo di Tristano e di un amico, Bur, 2008.

11Ibidem, pag. 50.

Read Full Post »

Gli ultimi anni
L’amore fu sentito da Comparoni come il raggiungimento della sua compiutezza di uomo e di scrittore, ma nel frattempo la malattia, la grave forma di leucemia di cui soffriva, si andava aggravando, provocando in lui uno stato di tale spossamento che anche lo scrivere diventava una fatica impossibile; scriveva, nel luglio 1951, all’amico Dasioli, dall’ospedale dove era ricoverato per delle trasfusioni: “… sono stanco: avrei molto da lavorare e non posso: le ore della sera, poi, sono interminabili, ed io non ho il minimo sospetto di come andrà a finire”. Ormai, sia gli amici che Ada sapevano che Ezio era condannato: rimaneva solo la speranza di poter ritardare la fine e alleviare il dolore lasciando Reggio Emilia, per un soggiorno a Tremosine e a Malcesine sul lago di Garda, benché, probabilmente, egli avesse perso ogni speranza di guarigione. Scrive, infatti, un amico dello scrittore, Alfredo Gianolio: “i medici, non lui, confidavano in un suo miglioramento per il cambiamento d’aria […]. Il soggiorno al lago non riesce, però, a rompere il muro di solitudine dietro il quale D’Arzo si era trincerato, anzi si fa più intenso quando rifiuta il cibo in un frenetico ricorso all’illusorio sollievo delle sigarette ed esige di tornare a Reggio al più presto, da sua madre”.2 Questo stato di cose appare ancora più chiaro dalle lettere che Degani, il compagno di villeggiatura dello scrittore, inviava ad una sua amica; in una lettera del 27 luglio 1951, descrive particolareggiatamente il tormento di Comparoni che soffre per il dolore fisico, ma soprattutto per la lontananza dalla madre, dalla quale non sopporta di essere separato: “Come ti ho già scritto domani dovremmo essere a Mezzolago. Ti dico dovremmo perché Comparoni voleva già tornare a Reggio. Qui non mangia perché dice che nulla gli sembra pulito se non è il mangiare che gli fa sua madre. Quando era soldato mangiava solo le cose che riceveva da casa! E neppure vuole comprare della roba nelle botteghe perché anche quello non lo trova pulito.” E, prosegue: “Comparoni non so se conclude qualcosa. Il primo giorno rimase in letto fino a mezzogiorno e fumò tutto il giorno invece di mangiare. Comprendo come un corpo sottoposto a questo regime finisca per ammalarsi. E anche ieri sera mentre ha mangiato un poco di minestra ed una puntina di carne sempre tutto senza toccare il pane, tra un boccone e l’altro continuava a fumare. Soffre dell’eccessivo amore che sua madre ha per lui tanto da non poter vivere come tutti”3.
Dall’ultima lettera ad Ada, del 23 agosto 1951, comprendiamo quanto ormai sia avanzato il decorso della malattia, anche se il tono dello scrittore è di una malinconia contenuta, senza disperazione o ribellione: “… mi sento realmente poco bene: in certe ore del giorno male addirittura: non esco quasi più, niente mi piace più […].”4
Morì pochi mesi dopo nel ricovero di Villa Ida, il 30 gennaio, a trentadue anni non ancora compiuti, per il linfogranuloma diagnosticatogli il febbraio dell’anno precedente. Negli ultimi suoi giorni Comparoni appariva, agli amici che andavano a trovarlo, totalmente immobilizzato dal male e la madre, sapendo che il figlio non avrebbe voluto essere visto in quelle condizioni, se ne stette fino alla sua morte fuori della stanza, seduta nel corridoio dell’ospedale, chiedendo notizie sul decorso della malattia a coloro che lo visitavano.
Ezio Comparoni fu sepolto nel cimitero monumentale della città e la madre, colpita da quel dolore immenso, continuò a vivere in funzione del figlio, adoperandosi perché fossero pubblicate le opere ancora inedite: solo lo sconfinato amore per Ezio le permise, infatti, di affrontare questa impresa. Nella prima lettera che inviò a Vallecchi, infatti, si legge lo sconforto di una donna senza speranze, esattamente come la Zelinda Icci di Casa d’altri: “[…] So che può comprendere il mio grande dolore, dolore che finirà colla mia insopportabile vita […] e così aspetto giorno per giorno la morte che mi liberi e che mi dia quella pace che in terra non potrò mai avere, glielo giuro che non ne posso più”5. Raggiunse il figlio dodici anni dopo. (altro…)

Read Full Post »

« Newer Posts - Older Posts »

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: