La biblioteca Panizzi ha dedicato il pomeriggio del 25 ottobre a Corrado Costa (Neviano degli Arduini, Parma, 1929 – Reggio Emilia 1991), autore geniale di poesia, prosa, teatro, opere grafiche, nonché collaboratore, insieme agli amici del Mulino di Bazzano (Adriano Spatola, Giulia Niccolai, Nanni Balestrini, Patrizia Vicinelli…), di riviste letterarie, festival, e altre iniziative in una stagione di sperimentazione assai viva, tra gli anni Sessanta e Ottanta,
Il direttore, Giordano Gasparini, ha introdotto l’evento, sottolineando come l’archivio Costa, completo di tutta la produzione dello scrittore e ultimamente arricchito da 23 libri d’artista consultabili sulla biblioteca digitalizzata, sia frequentatissimo e pertanto si è dichiarato felice che da esso abbiano preso le mosse interessanti e nuove pubblicazioni come quelle presentate in giornata.
I primi relatori sono stati Milli Graffi, direttrice de “il Verri” , Giovanni Anceschi (figlio di Luciano) e Gian Luca Picconi che hanno illustrato il numero di giugno interamente dedicato al reggiano.
Milli Graffi: “Abbiamo preparato questo numero con grande entusiasmo e abbiamo ricevuto numerosissime proposte d’intervento da veramente tanti studiosi, segno importante della vitalità di questo scrittore”.
E’ toccato, però, a Picconi introdurre il volume e spiegare che presenta materiale d’autore inedito o di difficile reperimento, compreso tra il 1954 e il 1980 e interventi critici, tra gli altri, di Nanni Balestrini, Luigi Ballerini, Milli Graffi, Eugenio Gazzola, Giovanni Anceschi, Giulia Niccolai.
Il materiale d’autore (anche inedito) con carrellata di quanto Costa aveva pubblicato su riviste in cui davvero si stava formando la nuova letteratura, da “malebolge” (con articolo-stroncatura della poesia di Pasolini, “L’auleta esibizionista”), a “Nuova corrente, a “il Caffè”, consente una storicizzazione interna dell’opera dello scrittore a partire dal lavoro teatrale del 1954, La Bambina perduta nel Carnevale, che ci mostra un Costa in qualche modo già ricco di umori palazzeschiani, laforguiani, e in un certo senso già patafisici. In più c’è anche il versante dell’opera grafica, di cui ricordiamo, soprattutto, la magnifica serie di vignette, Western mode retro, apparsa nel ’77 su “Alter Alter”. “L’approccio di questo numero del “Verri”, rispetto alla critica precedente” – ha sottolineato- “è nuovo perché cerca di far dialogare l’elemento della scrittura con quello della scrittura visuale in quanto Costa, situando il suo lavoro nella frattura che sussiste, come diceva Focault, tra referente e rappresentazione, non viene mai meno a un esercizio di nominazione antecedente l’opera grafica, anche se magari fallito”. Milli Graffi, infatti, conclude il suo intervento di analisi di alcuni enigmi grafici del reggiano, dicendo che lui rimane sostanzialmente un poeta della parola. Mentre Anceschi aggiunge che tra l’esperienza della scrittura e quella della poesia visuale, c’è l’ossessione dis-velare cosa c’è dietro (essendo quello del retro, uno dei temi fondamentali dell’opera costiana). Anche Giammei parla di artista che tenta di scomparire all’interno della sua produzione grafica e così pure Andrea Inglese, in “Cine-Costa”, ci parla del suo esercizio volto alla sparizione e distruzione del soggetto. Ci sono poi i saggi in cui l’opera dell’autore viene messa a confronto con la tradizione e la nuova avanguardia (Ballerini), con la post-avanguardia (Giovenale), dove ne viene analizzata l’evoluzione, da un primo periodo tragico, quello dello Pseudobaudelaire, fino all’approdo comico e alla logica del paradosso. Del suo paradosso particolare, però, simile a quello del mentitore e quindi fondato su una logica di autoreferenzialità (Berisso). Si aggiungono, inoltre, la divertente testimonianza di Aldo Tagliaferri e del suo viaggio in Libia col poeta e il dialogo estremamente interessante e inedito tra il Costa avvocato, che raccoglie intercettazioni, testi e verbali della polizia e il Costa poeta (Gazzola).
Dopo gli interventi della Graffi e di Anceschi, la parola è passata a Ivanna Rossi, autrice di Poesia oscura con presa. Leggere Corrado Costa. “Un reportage- come illustra la quarta di copertina- sul poeta e avvocato, che mette ordine in tutte le fughe, i nascondigli, gli introvabili piccoli editori, in quell’invisibilità che Costa, per una sua irriducibile coerenza, praticò sempre, sia nell’arte che nella vita”, in 15 capitoli che esplorano i luoghi costiani tra cui, importantissima, la Val d’Enza ma anche Cavriago, i suoi rapporti col gruppo 63, la sua passione per gli interessi popolari: l’enigmistica, i rebus, pure le canzonette. E anche i compagni di giochi, il suo viaggio in America, dove ha incontrato un poeta, John Thomas, allievo del maestro Suzuki (Lo zen e il tiro dell’arco) di cui resteranno tracce importanti nella sua poesia.
L’ultimo intervento ha riguardato, invece, la ristampa per Benway series con traduzione in inglese de La sadisfazione letteraria, uscito per la prima volta nel 1976 per Cooperativa Scrittori. Ripubblicazione importantissima per un testo di cui da anni le librerie erano prive, che è stata possibile grazie al consenso della biblioteca reggiana. Si tratta di un racconto originale in più tappe che si presenta anche come un ironico e giocoso manifesto poetico-erotico sulla “scrittura che non vuole più riprodurre, né servire alla riproduzione” (del reale).
Per concludere, ci sembra che le parole che Picconi ha usato al termine del suo intervento, siano le più adatte per prendere provvisoriamente commiato da un artista così enigmatico e poliedrico che, ancora a distanza di molti anni, suscita interrogativi e volontà di indagarne l’opera sempre più a fondo. Un artista a cui la sua città resta sempre molto legata.
“Mi risulta difficile leggere o guardare un’opera di Costa – dice infatti – senza pensare a quanto quell’uomo dovesse essere simpatico, come mi hanno confermato le numerosissime testimonianze. E così, se è vero quanto scrive Ernesto Laclau nel suo libro La ragione populista, che ad un autore perché si inserisca in un canone letterario, sono necessarie quelle che lui chiama catene equivalenziali, quegli elementi affettivi, cioè, indispensabili a trovare una ricezione adeguata e una propria fortuna, in questo senso “il Verri” è un atto di affetto e di amore. Che cerca, da un lato, di solidificare Costa come autore, mentre dall’altro in qualche modo “tradisce” il suo progetto di letteratura che invece era quello di sminuire e indebolire la figura autoriale. In questo tradimento, cioè come abbiamo “tràdita” la figura di Costa, c’è un po’ il nostro segreto. A cui si unisce la consapevolezza che questo atto d’amore non sarebbe stato possibile senza quell’altro, grande, della biblioteca Panizzi a cui va un sentitissimo ringraziamento”.
1) Corrado Costa, immagine da La sadisfazione letteraria, Benway series: “… non resta altro, allora, che oltraggiare la letteratura, cioè oltraggiare l’ideologia dominante della riproduzione…”
2) Corrado Costa, immagine da La sadisfazione letteraria, Benway series:”Questa sì che è stata una bella giornata! Quella sì che è stata una bellissima cupa estate!”
Sullo stesso autore, il mio Leggere Corrado Costa, oggi , pubblicato sulla rivista “MontePiano”, dicembre 2013.